martedì 16 novembre 2010

Giornalino 13.11.2010: L'Editoriale Di Mik#17

Questa settimana il titolo mi è stato proposto da una compagna. Era tanto che non scrivevo su “commissione”! Ho pensato di parlarvi di come vedo i rapporti che si creano in palestra cercando di uscire dai luoghi comuni. Non è vero che in una squadra si va tutte d’accordo e non è vero che si è tutte amiche; ognuno di noi ha provato come la vera amicizia, sia difficile non da trovare bensì da “mantenere”. Si pensa che i sentimenti siano già “pronti”, si diventa amici e lo si sarà per sempre nello stesso modo. Invece è caratteristico dei rapporti umani la continua evoluzione. I veri amici sono rari non perché non esistono ma perché una relazione, qualunque sia il suo genere, è impegnativa.
La palestra è uno dei mondi in cui “recitiamo”. Siamo delle atlete che dovrebbero pensare solo a fare (al meglio) il loro sport. I risultati dovrebbero arrivare solo per il fatto di eseguire azioni che proviamo e riproviamo da anni. Invece si sente spesso parlare di squadre piene di campioni che arrancano o di squadre di “chiaviche” col cuore tanto grande da permetter loro grandi imprese. Perché accade questo? Cosa fa diventare una squadra vincente o perdente? Voi che ci guardate da fuori, cosa pensate vedendoci giocare?
Un gruppo è fatto di individui e la cosa più difficile per arrivare ad esprimere un vero gioco di squadra è quella di mettere in secondo piano la propria individualità per un fine diverso: la vittoria del collettivo.
Sono capitati a tutti anni difficili in cui si guardava con orrore lo scoccare delle sei per il dovere di fare la borsa e mettersi in moto verso la palestra. Palestra che si è un diletto ma che richiede impegno vero, i giorni sono tanti, alcune la fanno dopo il lavoro, si torna a casa di notte, le palestre talvolta sono fredde e le docce gelide, i palloni logori, gli allenamenti sempre uguali, il sabato magari perdi…le amiche vanno a ballare, i colleghi fanno l’aperitivo e tu: “ho l’allenamento”. Perché si fa tutto ciò allora? Per la passione. Come mio personalissimo parametro per “misurare” la vera passione di una giocatrice, uso i tornei estivi. Io non vedo l’ora finisca il campionato per gettarmi sui campi d’erba o di sabbia a giocare e mi vengono i brividi quando sento compagne dire: “finito il campionato non tocco più ginocchiere e scarpe fino a settembre”.
Cosa si crea in palestra è difficile da spiegare con “teorie”, allora vi racconto un (bel) ricordo della mia vita che prova a rendere l’idea. Un maggio di qualche anno fa, avevo deciso di andare a fare il torneo di Bellaria, un 4x4 sulla sabbia conosciuto per esser frequentato da “beoni”, ovvero coloro che con la scusa del torneo si fanno 3 giorni di mare a sbevazzare così tanto che alle 4 di pomeriggio sono già ubriachi. Le partite di pallavolo diventano un tale contorno che la metà delle squadre non le disputa neanche tutte…Per dei motivi seri ho dovuto rinunciarvi ma la vita è piena di opportunità e i primi di giugno c’era un altro torneo: 3x3. Le squadre iscritte, rispetto al torneo alcolico, erano 36 contro 200 ma è stato bellissimo. Siamo partite per giocare a pallavolo e da buone milanesi le prime azioni sulla sabbia ci hanno viste come il traffico alle 5 in Loreto: paralizzate. Inaspettatamente abbiamo vinto una partita dopo l’altra, portando quello che avevamo creato in palestra: non solo la tecnica ma anche la nostra intesa. Io, la Titti e la Sara Visconti (mio ex libero), siamo arrivate in finale di quella che sembrava una parata di valchirie uscite da miss Italia. Il momento più bello è stato quando, vincendo la semifinale, le locali attonite sotto la doccia gridavano: “ma quelle come hanno fatto ad arrivare in finale? Le avete viste? (noi eravamo le solite basse, tozze e…in tuta) chi avrebbe mai dato loro qualcosa?” Di fianco c’era la Titti (!!!) che sentiva e ridendo ha detto loro: “si va beh ragazze vero che a vederci non sembriamo delle bicciarole (coloro che giocano a beach volley) ma…dire così, davanti a me!” E loro: “si si non avremmo mai detto che sareste riuscite ad arrivare in finale!”. Ma in finale ci siamo arrivate e molte di loro erano a fare il tifo per noi, le “straniere” venute dal nord con la loro poco credibile fisicità. E non lo facevano perché ispiravamo tenerezza ma perché, credo, avessero visto qualcosa che accomunava noi e loro: la passione per questo sport che a volte è un lavoro, a volte è un passatempo ma a volte è (soprattutto) qualcosa che ci piace e che ci unisce rendendoci felici.
Chi ha vinto? Non noi, mica era una favola!
Però quest’anno, siamo tornate e ci siamo riuscite! Siamo incredibilmente arrivate UNO!
Cosa si crea in palestra…si crea qualcosa che spinge qualcuno ad alzarsi all’alba per prendere il treno e farsi 400 km per giocare mille partite ad orari improponibili, spinge qualcun altro a seguirti solo per vederti giocare e passarti la borraccia perché lo scambio tra Bartali e Coppi si ripete ogni giorno senza diventare così famoso ma assumendo la stessa importanza per chi lo condivide. E perché affrontare le cose insieme, accettando le imperfezioni degli altri, non è da tutti ma…da vere Amiche.

2 commenti:

  1. e brava Mik........mi hai fatta emozionare ed hai reso molto bene l'idea di cosa sia la vera passione per uno sport meraviglioso come la pallavolo.

    Silvia

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